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Il paradigma del cambiamento

Se c’è una costante nell’attuale mercato questa è certamente il cambiamento. Negli anni passati è emerso che le organizzazioni che rimangono ferme in un mercato dinamico si trovano costrette a vivere momenti di grave crisi e ciò è vero sia per le piccole imprese che per i grandi colossi.

Crescita e cambiamento vanno di pari passo. Quindi, che lo vogliamo o meno, le nostre vite cambiano periodicamente, influenzando ogni aspetto della nostra vita.

Ma se il cambiamento è spesso qualcosa di positivo, tanto da essere fonte di ricchezza personale, perché è così difficile affrontarlo?

La resistenza al cambiamento è un fenomeno molto comune e, entro certi limiti, del tutto normale. Fin dall’antichità, infatti, gli esseri umani hanno sentito il bisogno di creare un’organizzazione interna stabile.

Ma cosa accade quando l’equilibrio interno si rivela non più funzionale rispetto a richieste di cambiamento più forti, o del tutto inaspettate, che arrivano dall’ambiente? È proprio in questi casi che la resistenza al cambiamento si manifesta.

La resistenza al cambiamento è quella forza che ci spinge a mantenerci nella nostra confort zone e a preferire ciò che si conosce rispetto a ciò che non si conosce, e che potrebbe perciò rivelarsi dannoso.

Mutare schema, osservare le cose da un nuovo punto di vista, cambiare paradigma, sembra essere la vera difficoltà.

LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO

Il primo passo per affrontare la resistenza al cambiamento è quello di conoscere i timori delle persone davanti al potenziale rischio rappresentato dalla novità (fonte)

Cambiare è più rischioso che non cambiare”: il timore del cambiamento porta le persone a preferire azione già consolidate. In questo caso è opportuno analizzare i rischi e i vantaggi per permettere alle persone di osservare in prima persona la situazione reale;

Ho sempre lavorato in questo modo”: i collaboratori si identificano in un dato metodo di lavoro e la richiesta di cambiare potrebbe apparire come l’accusa di aver sempre lavorato nel modo sbagliato. I metodi non sono sbagliati, sono semplicemente cambiate le esigenze e gli obiettivi;

Non ho le competenze per gestire questo cambiamento e le sue conseguenze”: il cambiamento genera la paura di non riuscire ad affrontare le novità. In questo contesto l’azienda deve affiancare i propri collaboratori durante la fase di cambiamento fornendo tutte le informazioni necessarie, da quelle teoriche a quelle pratiche.

AFFRONTARE LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO CON IL CHANGE MANAGEMENT

Il Change Management è un percorso mirato che ha l’obbiettivo aiutare a gestire il cambiamento in maniera ottimale, prendendo in considerazione prima di tutto l’aspetto umano.

Al fine di avviare un’efficace Change Management e limitare la resistenza al cambiamento è necessario prendere in considerazione le 4P.

  • People: bisogna considerare il ruolo fondamentale delle persone;
  • Process: bisogna avviare processi funzionali e in linea con i tempi, in modo da evitare sprechi di tempo e/o denaro;
  • Plateform: è necessario introdurre in azienda della piattaforme digitali per supportare la produttività dei singoli e dell’azienda nel suo complesso;
  • Place: è fondamentale reinterpretare gli spazi di lavoro, sulla base delle nuove tecnologie e dei nuovi modi di lavorare.

Le sfide del futuro ci chiederanno sempre più spesso di cambiare. Se vogliamo avere al nostro fianco persone motivate a intraprendere questi cambiamenti, dobbiamo essere capaci di indicare con precisione dove siamo, dove vogliamo andare e il percorso necessario per arrivarci.

IL SALTO DEL CAMBIAMENTO

Per affrontare il cambiamento bisogna essere tutti un po’ Dick Fosbury

Richard Fosbury, per gli amici Dick, era un ragazzo americano con la passione per il salto in alto. Tuttavia, essendo alto ed esile, aveva una struttura muscolare poco adatta alla disciplina scelta, dato che in quel periodo la tecnica di salto “ventrale” richiedeva una notevole potenza muscolare.

Per diventare un campione di salto in alto, Richard avrebbe dovuto superare l’asticella posta a un livello decisamente superiore a quello che la sua struttura fisica gli permetteva.

Richard e il suo allenatore avevano focalizzato l’attenzione su un fatto, apparentemente insignificante: da alcuni anni nella disciplina del salto in alto era stato introdotto l’uso dei materassi di gomma piuma per attutire la caduta, al posto della sabbia, utilizzata in precedenza.

Questo permetteva all’atleta di cadere in modo da non arrecarsi alcun danno.

Da questa osservazione nacque l’idea di una nuova tecnica di salto, nella quale era richiesta solo la potenza muscolare delle gambe. Era nato lo stile Fosbury o “dorsale”. Richard, con il suo nuovo stile di salto, vinse le Olimpiadi di Città del Messico nel 1968, stabilendo il nuovo record olimpico con la misura di 2,24 m.

Dick Fosbury ha avuto il coraggio di cambiare e abbandonare quel modo di pensare e di agire che era condiviso dalla maggior parte delle persone chiedendosi: perché si è sempre fatto così?



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